mercoledì 27 ottobre 2010

Tema-Giolitti

Scaletta

● Salita al potere di Giovanni Giolitti
● Politica interna Giolittiana
● Problemi sul lavoro
● Politica economica
● Punti negativi politica Giolittiana
● Politica estera
● Discesa di Giolitti


Periodo giolittiano
Nel 1901, dopo la crisi politica che colpì l'Italia, il presidente del consiglio Zanardelli nominò come ministro degli interni Giovanni Giolitti, il quale diventò poi presidente del consiglio nel 1903. La sua politica influenzò molto la storia del nostro paese, grazie anche alle diverse riforme da lui attuate.
Giolitti era un liberale e cercò di allargare la maggioranza in senso progressista coinvolgendo i socialisti: riuscì ad isolare i massimalisti (per lo più rivoluzionari) e ad integrare i riformisti. Da questo derivò il suo atteggiamento verso i conflitti di lavoro, infatti, egli sosteneva la neutralità delle forze dell'ordine e riconosceva la libertà di organizzazione sindacale; tale comportamento influì sul rafforzamento del movimento operaio e contadino, in particolare con la nascita della Cgl nel 1906. Inoltre, in relazione al problema del lavoro, l'infortunio sul lavoro, l'obbligo del riposo festivo, il lavoro femminile e quello minorile. Sempre in politica interna attuò la monopolizzazione statale delle ferrovie e delle assicurazioni sulla vita e, riforma molto importante, rese universale il suffragio dei maschi che sapevano leggere e scrivere o che avevano frequentato la leva militare.
La politica economica, con l'obiettivo di mantenere un bilancio statale attivo, fu caratterizzata da brillanti successi riguardanti soprattutto lo sviluppo dell'industrializzazione del paese in particolare nel triangolo Milano- Torino- Genova nei settori tessile, automobilistico e dell'acciaio; infatti, il periodo giolittiano è considerato il momento del "decollo" dell'industria italiana. Ma questo "decollo" non avvenne nello stesso modo nel Mezzogiorno e si evidenziò il divario tra Nord e Sud, perciò decise di attuare degli sgravi fiscali nel meridione.
La parte negativa del sistema giolittiano fu però rappresentata dai suoi metodi di governo, che sembravano rinnovare e rafforzare la pratica del trasformismo.
In politica estera Giolitti cercò di eliminare la sottomissione dell'Italia alla Germania, realizzando un progressivo avvicinamento alla Russia e alla Francia, con quest'ultima stabilì un accordo per sfere d'influenza in Africa (Marocco alla Francia e Libia all'Italia); si vennero a creare in questo modo dei problemi con la Triplice Alleanza. Inoltre, per accontentare anche i nazionalisti, riuscì a portare a compimento la conquista della Libia, con la sconfitta della Turchia nel 1911. Con questa guerra però mise in crisi i suoi rapporti con la sinistra, quindi cercò l'appoggio dei cattolici con il "Patto Gentiloni" del 1913; grazie a questo patto i cattolici promisero di votare per lui in funzione antisocialista in cambio di non far passare leggi antiecclesiastiche, come ad esempio quella sul divorzio.
Giolitti lasciò il potere nel 1914 allo scoppio della prima guerra mondiale. Quando ebbe inizio tale conflitto l'Italia si divise in interventisti e neutralisti; Giolitti faceva parte di questi ultimi, egli sosteneva che il nostro paese avrebbe potuto ottenere "parecchi" benefici non entrando nel conflitto (da qui la sua tesi del parecchio).
Sia durante il suo lavoro sia dopo aver dato le dimissioni, a Giolitti furono rivolte diverse critiche in particolare dalla sinistra, dagli scrittori meridionali e dalla destra. I primi due lo consideravano un "ministro della malavita", poiché portò all'estremo il trasformismo e cercava voti anche tra i mafiosi; mentre la destra desiderava che fosse più repressivo nei riguardi delle vertenze di lavoro.
Giolitti rimase al potere per molto tempo, anche se con brevi intervalli di governi di altri politici.
Tenendo in considerazione tutto il suo operato e le critiche rivoltegli, si può affermare che Giolitti è stato molto abile a destreggiarsi nell'intricato mondo politico, ricorrendo a volte a dei metodi non proprio leali come può esserlo il trasformismo. In ogni modo è merito anche delle innovazioni in campo lavorativo e all'appoggio che diede all'industria, se durante il periodo del suo governo, l'Italia ha avuto un decollo economico, ma non dimentichiamo che è stato pagato a caro prezzo dal meridione.
Si può notare la grande importanza che la politica di Giolitti ha avuto ad inizio secolo, anche grazie a come gli storici definiscono il periodo del suo governo: "Italia giolittiana".

lunedì 25 ottobre 2010

Tema-Gandhi


Mohandas Karamchand Gandhi è stato uno dei fondatori dell’attuale stato dell’India ed un sostenitore della resistenza passiva come mezzo di rivoluzione.
Visse per molto tempo in Sudafrica e tornato in patria promosse una campagna di protesta basata sulla non collaborazione con il governo britannico.
Convinto che l’indipendenza fosse irraggiungibile se non era accompagnata da una radicale trasformazione, Gandhi sostenne un programma di rinascita nazionale. Egli divenne un simbolo internazionale dell’India e cominciò ad essere venerato come un santo: conduceva una vita spirituale, praticando il digiuno e la meditazione, e rifiutando ogni possesso terreno. Egli diede all’induismo un valore totalmente nuovo. Le sue azioni portarono a soprannominarlo Mahatma “grande anima”, titolo riservato ai grandi saggi.
Per un periodo si ritirò dalla politica in quanto venne arrestato per aver detto alla popolazione di non pagare l’imposta sul sale, ma quando riprese l’attività egli tentò di far cessare le divergenze tra indù e musulmani, attraverso uno sciopero della fame.
Il governo aveva acconsentito a concedere l’indipendenza a patto che si risolvessero le divergenze con la Lega Musulmana. Gandhi, in tutto ciò, ebbe un ruolo fondamentale e tre anni dopo l’India divenne un paese indipendente.
Non si riuscì a trovare un accordo che soddisfacesse entrambi, e il Pakistan musulmano fu dichiarato stato autonomo. 
L’originalità e le convinzioni di Gandhi stanno in una combinazione tutta personale: il pensiero politico e sociale di Gandhi è un tentativo di applicare il principio dell’amore nella vita. Per lui è un peccato contro l’umanità che alcuni possiedano ricchezze superflue quando altri non possono soddisfare i loro bisogni primari.
I principi di Gandhi hanno ispirato generazioni di attivisti democratici e contro il razzismo come Martin Luther King.

Martin Luther King nasce dopo un parto difficile ad Atlanta, Georgia, nel Sud degli Stati Uniti, dove il problema razziale è sentito con angoscia e urgenza particolari. Questo bambino che il 15 gennaio 1929 sembra entrare così malvolentieri nel mondo ha una storia le cui radici affondano nel suolo afro- americano.
I suoi antenati erano stati catturati con violenza inaudita dai negrieri e portati dall'Africa in catene sul continente americano per esservi venduti nei mercati ai migliori offerenti. Milioni di neri, uomini e donne, venivano strappati alla loro terra e fatti schiavi per lavorare, fino allo stremo delle loro forze, nelle piantagioni di cotone.
Fin dall'infanzia Martin Luther King deve subire i traumi I dei bambini che scoprono di essere diversi e discriminati in i una società razzista. Ha cinque anni quando la madre dei suoi compagni bianchi proibisce loro di giocare col piccolo Martin, perché «negro». A otto anni apprende dal padre con: dolore la tragica fine della sua prediletta cantante Bessie Smith, celebre interprete di spirituals, canti di fede e di speranza degli schiavi delle piantagioni del Sud: ferita in uno scontro automobilistico, muore dissanguata perché rifiutata dagli ospedali per bianchi di Atlanta
Martin Luther King è affascinato dalla figura di Gandhi, dal quale apprende i principi della lotta non-violenta. Nel 1953 si laurea in filosofia a Boston e nel 1954 si trasferisce con la moglie Coretta Scott a Montgomery, Alabama, per svolgervi il ministero di pastore della chiesa battista.
La scintilla che dà inizio al Movimento per i Diritti Civili scocca a Montgomery. Sugli autobus della città le prime tre file di posti sono riservate ai bianchi, le altre possono essere occupate da neri. Un giorno un'impiegata nera, Rosa Parks, seduta dietro i posti riservati ai bianchi, rifiuta di alzarsi e cedere il posto quando salgono alcuni viaggiatori bianchi: viene arrestata e portata in carcere.
La notizia si diffonde rapidamente tanto che un movimento guidato da Marthin Luther King decide di boicottare i servizi pubblici. La compagnia degli autobus ha già perso 40milioni di dollari. Marthin diviene bersaglio di minacce di morte, gli viene addirittura distrutta la casa.
Martin Luther King partecipa a manifestazioni di massa e a raduni, e viene spesso arrestato. E ogni volta si rafforza il suo impegno per la giustizia, si rinvigorisce la sua fede in Dio e nella Sua guida.
A Marthin Luther King viene dato il premio Nobel per essere riuscito a far approvare, attraverso marce i digiuni, la legge per i diritti civili.
Il 4 aprile 1960 Marthin si trova in un hotel a Memphis con altri leader neri. Marthin si affaccia alla finestra per prendere una boccata d’aria e un colpo lo colpisce ed egli muore sul colpo.

Entrambi hanno un modo per opporsi: la non violenza.
La nonviolenza è uno stile di vita ed un metodo per ottenere positivi cambiamenti sociali. è essere il cambiamento che si vuole vedere, senza che questo comporti distruzione, umiliazione, punizione di chi vi si oppone. La nonviolenza attiva è una risorsa a disposizione di tutte le persone e le comunità per affermare i propri diritti e dunque la propria dignità. Essa consente di combattere i meccanismi di oppressione e ingiustizia senza cadere prigionieri della spirale disumanizzante della violenza. La nonviolenza prevede in ogni singola iniziativa o campagna l’elaborazione di un programma costruttivo e sottende anche un progetto globale teso a rimodellare in senso più umano i principi e i rapporti che regolano la società.




domenica 24 ottobre 2010

Tema-Cartoni Animati


I cartoni animati e i fumetti hanno caratterizzato tutta(o almeno una maggior parte) dell’infanzia di ogni persona. Chi da piccolo non ha mai guardato un cartone come “i puffi”? io il mio primo approccio con il mondo dei cartoni animati l’ho avuto intorno hai 3 anni quando mia mamma, per riuscire a mettermi un cerotto dato che non volevo, ha dovuto comprarmi quelli dei puffi; bianchi con disegnati sopra Puffetta, Quattrocchi, Grande Puffo ecc.
Per i fumetti, invece, bisognerà aspettare ancora 10 anni perché l’idea di mettermi a leggere un “libricino” proprio non mi andava.
Il mio cartone preferito erano i Puffi. I Puffi sono delle creature blu che indossano un cappello bianco, a parte il Grande Puffo che lo indossa rosso. L’età di queste creature non si può definire, diciamo che per “noi” bambini hanno qualche età più di noi ma non già da essere considerati adulti.
Il capo della comunità è Grande Puffo, capo indiscusso del villaggio. Non si sa come sia diventato il capo del villaggio ma, a mio parere, è stato eletto perché è il membro più anziano.
 Poi c’è Quattrocchi, che secondo me è il personaggio più buffo del cartone. Egli contesta ogni decisione del Grande Puffo e la su balbuzie fa ridere a crepa pelle. Lui porta degli occhiali neri enormi e assume sempre la posa del saccente però, se Grande Puffo dovesse morire(L) lui prenderebbe il suo posto. In alcuni episodi ricordo che quattrocchi viene espulso dal villaggio per le sue continue contestazioni.
Un altro personaggio molto importante è Puffetta, l’unica “Puffa” del villaggio. Lei svolge le attività che svolgono gli altri puffi: agricoltura, raccolta delle puf-fragole.
Come guardia del villaggio c’è Puffo Forzuto il quale, in molti episodi, respinge gli attacchi di Gargamellla. Gargamella è un personaggio abbastanza anziano, pelato con un lungo naso, brutto e molto cattivo. Gargamella è un mago di scarse capacità che ha un obbiettivo: catturare i Puffi e trasformarli in oro cercando di diventare ricco mentre il suo gatto, Birba, caccia i puffi non per portarli al suo padrone ma per mangiarli.
Il villaggio sopravviveva grazie all’agricoltura. Il Grande Puffo decideva come distribuire le ricchezze e di cosa aumentare la produzione. Il loro cibo preferito erano le puf-fragole, con il quale Grande Puffo preparava le medicine.
Una volta avevo sentito alla televisione paragonare i puffi al comunismo e, interessato dall’argomento puffi ho iniziato a seguire la trasmissione di cui non ricordo il nome. Secondo questo qua che parlava(scusi prof ma non ricordo il nome)i puffi rappresentano l’ordinamento della società comunista dove non esiste il denaro e c’è la condivisione delle risorse. Il Grande Puffo veniva affiancato alla figura di Stalin, capo indiscusso del villaggio il quale decide in ogni campo. Gargamella veniva paragonato alla raffigurazione umana del capitalismo.
Queste tesi non si sa se sono vere perché non sono mai state provate sono solo supposizioni che, di sicuro, non mi fanno cambiare idea sul fatto che i puffi hanno caratterizzato una gran parte della mia infanzia.

venerdì 22 ottobre 2010

Tema-Memoria Storica


E’ cosi’ difficile per un adolescente, oggi, comprendere perche’ viene obbligato a studiare la storia. Però solo a partire dalla storia noi possiamo pienamente comprendere noi stessi. Eppure sin dalle scuole elementari siamo stati sottoposti a dosi massicce di conoscenze storiche: il lavoro dello storico, gli strumenti dello storico, il metodo dello storico, le fonti dello storico…
Sinceramente a noi giovani della storia non interessa molto, preferiremmo capire il presente, vorrei comprenderlo, vorrei che si parlasse dell’attualita’, delle cose mi accadono, di quello che mi piace, della mia musica, dei miei film, dei miei giochi.
A volte però, se presentati in una maniera accattivante, anche certi film recenti di carattere storico (vedi “Il Gladiatore”), riescono a catturare l’attenzione rievocando momenti di epoche passate..

Io non voglio dire che la storia è inutile per noi giovani ma che c’è un tempo per tutto. Oggi pretendono che apprendiamo sin dalle elementari il cosiddetto “metodo storico”, veniamo assillati con la ricerca e il controllo delle fonti, costretti ad organizzare e gestire pesantissimi schedari stracolmi di fotocopie e appunti. Cosi arriviamo alle superiori che non ne possiamo piu’. Tutto questo perche’ nessuno si e’ preso la briga di raccontarci della “storia interessante”, come ad esempio Filippide che dopo la corsa per annunciare la vittoria di Maratona è morto, o come gli Spartani delle Termopili. La storia, secondo me, andrebbe “raccontata”  come vicende di uomini raccontate ad altri uomini, dovrebbe essere una passione: passione che poi avra’ tutto il tempo di trasformarsi in scienza, riflessione, ricerca, metodo.

Ormai i tempi vanno al rovescio: per Natale uscivano al cinema commedie carine,divertenti. Ora invece a Natale escono sempre i “film panettone”(vedi Natale a Miami) che sono pure divertenti, ma non vanno scambiati per la verita’. Quel che non viene piu’ dato ai ragazzini, grottescamente deformato, dai cartoni animati di Disney Channel, viene distribuito a un pubblico infantilizzato che prende per buono tutto basta che non sia noioso, non costi fatica e aiuti a distrarsi dal nostro presente portandoci a dimenticare le nostre radici..

Tema-Dittatura


La dittatura è una forma autoritaria di governo in cui il potere è accentrato in un solo organo, se non addirittura nelle mani del solo dittatore, non limitato da leggi, costituzioni, o altri fattori politici e sociali interni allo stato.

Tiranno o Despota è il termine attribuito a colui che dapprima raggiunge e poi esercita in maniera egemonica il potere attraverso la violenza e il dispotismo, dando vita così ad una tirannide o ad una dittatura. Termini assimilabili o sinonimi di tiranno sono perciò despota e dittatore. Parola con cui si indicava nella Grecia dei secoli VII - VI a.C., chi si impadroniva del potere con sistemi rivoluzionari opponendosi al re od al capo eletto, sostituendo al governo oligarchico delle Città-Stato, un personale dominio. Il tiranno, molto spesso otteneva il potere con l'appoggio delle classi popolari, scontente della situazione politica. Quindi governava senza stravolgere sostanzialmente le leggi e le istituzioni presistenti.

Un esempio di totalitarismo l’abbiamo con l’avvento del fascismo, ovvero un movimento politico italiano del XX secolo, rivoluzionario e reazionario[1], di carattere nazionalista e totalitario, che sorse in Italia per iniziativa di Benito Mussolini alla fine della prima guerra mondiale.
A pari passo del fascimo nasce il nazismo,che definisce l'ideologia e il movimento politico tedesco, e più in generale germanico, collegati all'avvento al potere in Germania nel 1933 da parte di Adolf Hitler, conclusosi alla fine della seconda guerra mondiale con la conquista di Berlino da parte delle truppe sovietiche (maggio 1945).Il nazismo sposa una forma nazionalista e totalitaria di socialismo (opposta al socialismo internazionalemarxista) di stampo
“Le origini del totalitarismo” è un libro di Hannah Arendt del 1951. Riconosciuto alla sua pubblicazione come la trattazione più completa del totalitarismo - e in seguito definito un classico dal The Times Literary Supplement - quest'opera continua da molti ad essere considerata il testo definitivo sulla storia dei regimi totalitari o quantomeno delle loro incarnazioni del XX secolo.
Il libro inizia con una disamina delle cause dell'antisemitismo europeo nel primo e medio XIX secolo, continuando poi con un esame dell'imperialismo coloniale europeo dal 1884 alla prima guerra mondiale. L'ultima parte tratta delle istituzioni e delle azioni dei movimenti totalitari, esaminando in maniera approfondita le due più pure forme di governo totalitario del Novecento: quelle cioè realizzatesi nella Germania del nazismo e nella Russia di Josif Stalin.
L'autrice discute la trasformazione delle classi sociali in masse, il ruolo della propaganda nel mondo non totalitario (all'esterno della nazione come nella popolazione ancora non totalitarizzata) e l'uso del terrore, condizione necessaria a questa forma di governo.
Il termine stalinismo, in senso stretto, indica la politica di Stalin nel periodo in cui fu a capo dell'URSS, dal 19241953. In parte questo termine è stato usato impropriamente come sinonimo di comunismo ma di fatto ebbe alcune profonde peculiarità che lo distinguono dalla linea politica di altri teorici comunisti stranieri (ad esempio Rosa Luxemburg), sia dal suo predecessore Lenin, dal quale pure lo stalinismo ha avuto origine (v. leninismo). al
“Il leader dell'opposizione russa ed ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov e' stato rilasciato oggi dal carcere dopo cinque giorni di detenzione. L'uomo era stato arrestato a Mosca in seguito alla marcia pre-elettorale contro la politica di Putin avvenuta sabato scorso a piazza Pushkin. Kasparov, tornato nella sua abitazione, ha detto ai giornalisti immediatamente dopo la scarcerazione che il ruolo del Presidente Vladimir Putin sta ''entrando in una fase davvero pericolosa che si sta avviando alla dittatura''. [ art. 27 novembre 2007]

Il Tibet è un chiaro esempio di dittatura velata. All’inizio del 1949  iniziò la barbara dittatura di Mao Tse Tung figlia del marxismo e dello stalinismo.
Grazie all'orgoglio tibetano fatto di millenarie radici storico-culturali riusciamo a risalire al tempo di Buddha: egli ci h insegnato come scoprire e riscoprire la propria Divinità interiore, il Dio in noi stessi al di là di ogni assurda divinità esteriore ed autoritaria.
A quanto pare, però, questi insegnamenti sono tutte scemenze per le ristrette menti comuniste bramose di potere. E così oggi i tibetani, in ogni parte del mondo, gridano alla libertà del loro Paese governato dal potere marxista-leninista cinese e lottano assieme a persone e nonviolenti monaci buddisti, così come nonviolentemente fecero nel settembre 2007 i monaci birmani contro la dittatura militare ancora oggi al potere.
Non ci può essere pace senza giustizia. Non ci può essere libertà senza democrazia e quindi rispetto per le minoranze e trionfo dei diritti civili e umani.
Il nostro mondo(occidentale) non può rimanere inerme davanti alle atrocità che succedono, come in questo caso, in Tibet. Bisogna fare qualcosa, ma che cosa si può fare?? A questa domanda non ho saputo rispondere in quanto ognuno ha un proprio modo di vedere la questione. C’è addirittura chi sostiene che non ci sia nessuna forma di dittatura. Davanti a quest’ultima affermazione rimango allibito ogni volta che la sento ripetere. Un po’ di tempo fa stavo leggendo un articolo riguardante uno dei miei gruppi preferiti(gli Oasis) e sono rimasto sconcertato appena ho letto del loro tour in Asia in cui sono stati obbligati a NON cantare in Tibet in quanto, dopo il concerto di Shanghai hanno urlato “Tibet!! Tibet!!”.


giovedì 21 ottobre 2010

Tema-Droga


Penso che un ragazzo si avvicini alla droga per molteplici motivi: voglia di provare nuove emozioni, desiderio di non essere escluso da una compagnia durante una serata in discoteca, difficoltà ad affrontare la realtà. Più della metà dei drogati, secondo le statistiche, appartiene a famiglie in crisi: genitori separati, abitazione insufficiente, genitori violenti, ecc. In generale possiamo dire che nella droga si cerca qualcosa che ancora non si ha, cioè il drogato è una persona a cui manca qualcosa, anche semplicemente un po’ di amore. Purtroppo la sua famiglia, il suo ambiente, le persone che lo hanno incontrato non sono riusciti a comunicarglielo.

Egli comincia così a criticare gli adulti che spesso, ed è vero, sono incoerenti o preoccupati solo dei soldi.

Passa poi ad appartenere ad un gruppo di coetanei di cui far parte, identificandosi in esso.

Lo stato di euforia e di intontimento che si prova con l’assunzione di quelle sostanze non fa altro che amplificare quella sensazione di distacco da una realtà spiacevole.

Molti, per fortuna, sono in grado di smettere da soli, senza progredire nell’assunzione di sostanze più pericolose. Altri invece non ce la fanno, causando problemi di salute a se stessi, e sociali a tutta la comunità, diventando a loro volta spacciatori o semplici emarginati.

Certamente la migliore cura sarebbe la prevenzione. La famiglia e la scuola possono fare molto affinché il ragazzo non sia invogliato a provare.

Per esempio vale la pena che i genitori passino più tempo insieme ai loro figli, mettendo in secondo piano il lavoro o altre preoccupazioni economiche.

Gli insegnanti dovrebbero imparare a parlare di più con i loro studenti dei loro problemi e condividere parte della loro vita, almeno favorendo la loro gratificazione.

Ci sono moltissime comunità terapeutiche, associazioni ed enti pubblici pronti ad aiutare chi vuole uscire da questa situazione.

Il problema, comunque è quello di evitare che il drogato, una volta disintossicato, torni a prendere quella sostanza, eliminando le cause che hanno portato a quel gesto. Mi sembra, a questo proposito, che le iniziative di inserimento in un lavoro, magari faticoso, ma gratificante, siano le più indicate per aiutarlo davvero a costruirsi una vita piena di impegno. Inoltre la presenza di preti ed educatori può aiutare a combattere il vuoto, la paura e la mancanza di ideali e a formare una personalità più solida.

Accanto a questo, è necessario anche fare leggi ed operare per annientare il commercio della droga a tutti i livelli, dalle droghe cosiddette "leggere" fino a quelle "pesanti".

Alcuni ritengono che solo la legalizzazione delle droghe leggere potrebbe ridurre le conseguenze drammatiche dello sviluppo del traffico di stupefacenti.
Può darsi che davvero possa cadere il prezzo della droga sul mercato internazionale e si ridurrebbero i reati associati al traffico di droga. Ma proviamo a chiedere cosa pensano di questa legalizzazione i ragazzi di una comunità terapeutica, la quasi totalità dei quali si è avvicinata alla droga grazie al classico spinello. Inoltre il grande traffico che produce migliaia di milioni di euro all’anno è quello della cocaina, che non può certo essere considerata una droga leggera. Per quanto mi riguarda bisogna semplicemente fuggire dalle facili soluzioni, ed andare invece alla radice del problema, per risolverlo.

mercoledì 20 ottobre 2010

Chi è Don Puglisi?





Don Giuseppe Puglisi nasce nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, e viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno.

Entra nel seminario diocesano di Palermo nel 1953 e viene ordinato sacerdote dal cardinale Ernesto Ruffini il 2 luglio 1960. Nel 1961 viene nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del SS.mo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a Brancaccio, e rettore della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi.

Nel 1963 è nominato cappellano presso l'istituto per orfani "Roosevelt" e vicario presso la parrocchia Maria SS. ma Assunta a Valdesi.
Sin da questi primi anni segue in particolare modo i giovani e si interessa delle problematiche sociali dei quartieri più emarginati della città.

Segue con attenzione i lavori del Concilio Vaticano II e ne diffonde subito i documenti tra i fedeli con speciale riguardo al rinnovamento della liturgia, al ruolo dei laici, ai valori dell'ecumenismo e delle chiese locali.

Il suo desiderio fu sempre quello di incarnare l'annunzio di Gesu' Cristo nel territorio, assumendone quindi tutti i problemi per farli propri della comunità cristiana.

Il primo ottobre 1970 viene nominato parroco di Godrano, un piccolo paese in provincia di Palermo - segnato da una sanguinosa faida - dove rimane fino al 31 luglio 1978, riuscendo a riconciliare le famiglie con la forza del perdono.
In questi anni segue anche le battaglie sociali di un'altra zona della periferia orientale della citt., lo "Scaricatore".

Il 9 agosto 1978 è nominato pro-rettore del seminario minore di Palermo e il 24 novembre dell'anno seguente direttore del Centro diocesano vocazioni.
Nel 1983 diventa responsabile del Centro regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale.

Don Giuseppe Puglisi è stato docente di matematica e poi di religione presso varie scuole. Ha insegnato al liceo classico Vittorio Emanuele II a Palermo dal '78 al '93.
A Palermo e in Sicilia è stato tra gli animatori di numerosi movimenti tra cui: Presenza del Vangelo, Azione cattolica, Fuci, Equipes Notre Dame. Dal marzo del 1990 svolge il suo ministero sacerdotale anche presso la "Casa Madonna dell'Accoglienza" dell'Opera pia Cardinale Ruffini in favore di giovani donne e ragazze-madri in difficoltà.

Il 29 settembre 1990 viene nominato parroco a San Gaetano, a Brancaccio, e nel 1992 assume anche l'incarico di direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugura a Brancaccio il centro "Padre Nostro", che diventa il punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere.

La sua attenzione si rivolse al recupero degli adolescenti già reclutati dalla criminalità mafiosa, riaffermando nel quartiere una cultura della legalità illuminata dalla fede.

Questa sua attività pastorale - come è stato ricostruito dalle inchieste giudiziarie - ha costituito il movente dell'omicidio, i cui esecutori e mandanti sono stati arrestati e condannati. Nel ricordo del suo impegno, innumerevoli sono le scuole, i centri sociali, le strutture sportive, le strada e le piazze a lui intitolate a Palermo e in tutta la Sicilia.

A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l'apertura dell'anno pastorale della diocesi di Palermo.

Il 15 settembre 1999 il Cardinale Salvatore De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio, che ha iniziato ad ascoltare i testimoni. Un archivio di scritti editi ed inediti, registrazioni, testimonianze e articoli si è costituito presso il "Centro ascolto giovani don Giuseppe Pugliesi.


Don Lorenzo Milano

Lorenzo nasce in epoca fascista il 27 maggio del 1923.

Nonno Luigi era un notissimo archeologo, la madre era una raffinata signora ebrea, il padre un professore universitario.

D'estate, la famiglia Milani, trascorreva le vacanze alla villa "Il Ginepro" al mare di Castiglioncello. Essendo una tribù numerosissima, si trascinavano dietro una fila di automobili e di aiutanti: cuoco, cameriera, servitore, autista, balia e istitutrice.

Nel '30, i Milani attraversarono un periodo difficile. La grande crisi economica impediva di vivere di sola rendita e il sig. Albano è costretto ad andare a lavorare a Milano, come direttore di azienda, occupandosi della organizzazione industriale.

Nella città lombarda lo seguiranno la moglie e i figli che lì completeranno gli studi. A Milano, Lorenzo, passerà tutta la sua infanzia e l'adolescenza.

I coniugi Milani, nonostante avessero verso le religioni un comportamento agnostico, il 29 giugno 1933, sposati solo civilmente, celebreranno il matrimonio in chiesa e battezzeranno i tre figli. In questo modo si difenderanno dalle leggi razziali e dalla persecuzione contro gli ebrei che era iniziata in Germania, con la presa del potere da parte di Hitler..

Nel '37, Lorenzo si iscrive alla prima ginnasio. Lo stesso anno, durante le vacanze, chiede, tra lo stupore della famiglia, di ricevere la prima comunione.

Il 21 maggio '41, a causa della guerra le scuole chiudono, Lorenzo viene dichiarato maturo. In quel momento, esprime il desiderio di cimentarsi nella pittura. Vive per un anno intero a Firenze e frequenta assiduamente il pittore H.J.Staude.

Era un ragazzo dalla bella figura slanciata, simpatico, cortese. Aveva l'aria tipica del giovane di famiglia benestante quando un giorno a Firenze, mentre faceva merenda in un vicolo, seduto accanto al suo cavalletto, fu fortemente scosso dalla frase di una donna: "Non si mangia il pane bianco nelle strade dei poveri!". Lorenzo Milani, un ragazzo ebreo che mangiava il pane bianco dei ricchi, aveva presto capito quanto fosse fortunato, e sentiva il peso della guerra,della fame e della violenza delle discriminazioni razziali.

Con la pittura, inizia la stravagante vita d'artista "bohemien". In questo periodo è fortemente influenzato dal "bello e funzionale" di Le Corbusier e dal "lavoro collettivo" nell'architettura di Michelucci. Si accende d'interesse per la pittura religiosa. E' proprio attraverso una ricerca sui colori, usati nella liturgia cattolica che Lorenzo si avvicina in qualche modo alla Chiesa.

Nel settembre del '42 s'iscrive all'Accademia di Belle Arti a Brera. La famiglia, pur non condividendo l'idea, lo aiuta ad aprire uno studio in quella città ma nel novembre dello stesso anno si trasferisce nuovamente a Firenze.

Ma la pittura, arte solitaria, era insufficiente al suo bisogno di comunicare. E nacque da un senso di vuoto, d'insoddisfazione, poi, non so come, si ritrovò in mano un libro sulla liturgia cattolica. Lorenzo se ne entusiasmò, ma tutti pensarono che fosse un entusiasmo passeggero. Invece era accaduto, o stava per accadere in lui qualcosa di assolutamente diverso. Di lì a pochi mesi entrò in seminario. La famiglia non approva la scelta di vita religiosa del figlio. Alla cerimonia della tonsura, l'atto d'ingresso alla vita ecclesiastica, nessuno dei parenti era presente.

Nel dicembre del 1954 Don Milani viene nominato priore della chiesa di S.Andrea a Barbiana, una piccolissima parrocchia sul monte Giovi, nel territorio del comune di Vicchio del Mugello. La chiesa del '300 e la canonica, situate a 475 metri di altitudine sopra il vasto paesaggio della valle della Sieve, erano, e lo sono ancora, circondate da poche case e dal minuscolo cimitero.Era una località irraggiungibile da automezzi perchè non vi era ancora la strada ed era abitata solo da cento contadini che resistevano all'esodo verso la città

Per la curia fiorentina, isolare don Lorenzo Milani era la giusta punizione da dare a un sacerdote che non amava le processioni, le feste, che privilegiava i più poveri e più umili e che aveva creato una scuola dove erano ammessi gli operai comunisti. Un uomo che vede nel consumismo, e nelle sue attrattive alienanti, la causa dell'allontanamento del povero dalla Chiesa e dai valori cristiani.

Il giorno dopo il suo arrivo, aveva raggruppato i ragazzi delle famiglie attorno a sè e in una scuola. Li liberò subito dalla passività e li rese responsabili. In questa scelta si fonderanno la pedagogia e la pastorale, il prete e la scuola.

Per pochi ragazzi, semianalfabeti, figli di pecorai e contadini oppure orfani, apre una scuola che inizia all'8 del mattino e termina a buio. Una scuola che non conosce vacanze e che rifiuta le metodologie e le tecniche d'insegnamento nozionistico e trasmissivo.

Il suo libro:" Lettera a una professoressa " è il risultato di un anno di attività a Barbiana.

Questo testo, che ha per autore la scuola di Barbiana, è una critica, minuziosamente condotta, alla scuola elitaria che boccia i figli dei poveri e promuove quelli dei ricchi, una scuola accusata di "far parti eguali tra diseguali".
"Voi dite d'aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. E' più facile che i dispettosi siate voi".

La scuola, secondo don Milani , è un ospedale che cura i sani e respinge i malati e crea differenze a volte irrimediabili. Il maestro Milani trasforma il giornale in materia scolastica. Trasforma, in ricerca e produzione di materiale didattico, il lavoro di gruppo, da lui diretto, svolto con i ragazzi, gli abitanti e i numerosi visitatori. Una grande rivoluzione culturale, didattica e pedagogica che rifiuta l'indifferenza, la passività negativa e motiva fortemente l'allievo.

L'esperienza di Barbiana, non è ripetibile, infatti più che una scuola, lui aveva creato una comunità,una famiglia. Tutti i suoi scritti, nel periodo in cui abitò a Barbiana, nacquero per motivi pedagogici. Nel dicembre del '60 si manifestano i sintomi del linfogranuloma e della leucemia. Muore in casa della madre il 24 giugno 1967 all'età di 44 anni.